04/02/09

Lo Bouli Achétou


Sono due giorni che ci chiediamo come spiegare la pronuncia di Bouli Achétou e, alla fine ci abbiamo rinunciato. I post diventerebbero chilometrici e un filino scolastici. Persino la grafia è oggetto di dispute tra le varie correnti di pensiero. Chi volesse approfondire l'argomento può provare a digitare Francoprovenzale o Patois in un motore di ricerca e provare ad orientarsi.
Ci suggeriscono che bisognerebbe dire: Bouli de Tseur Achétaye che corrisponde a: Bollito di Carne sotto sale e aromi.
Un tempo, quando non c'erano i frigoriferi, l'unico modo per conservare la carne era metterla sotto sale (con qualche aroma per migliorarne il gusto).
Oggi lo facciamo solo per ricercare quel particolare sapore e, non essendoci costretti, ci limitiamo a lasciarla macerare 2 o 3 settimane.
Questo è proprio il momento in cui è più facile trovarla, sia perché il bollito di carne salata è uno dei piatti tradizionali della Veillà (la notte fra i due giorni di fiera) di Sant'Orso, sia perché la macellazione per uso famigliare ha avuto luogo da metà a fine dicembre.
Leo, il macellaio della Cooperativa Carni di Pollein, usa: sale, aglio, rosmarino e salvia, rigorosamente a occhio.


Di nostro, per un chilo di carne, abbiamo aggiunto:

2 carote
2 gambi di sedano
1 porro dell'orto conservato nella vecchia stalla in un secchio pieno di terra (l'altra metà dei porri purtroppo è rimasta nell'orto sotto la neve di Novembre :-(
8 patate Agria sempre dall'orto.

Abbiamo messo le verdure in 4/5 litri di acqua fredda. Quando l'acqua è giunta ad ebollizione, abbiamo messo in pentola la carne e pazientato 3 ore abbondanti aggiungendo un litro di acqua bollente al bisogno e le patate una buona mezz'ora prima che fosse pronto. Ovviamente non abbiamo aggiunto sale ;-)
Il brodo che si presenta molto torbido e decisamente salato benché sia servito a cuocere anche le patate va, purtroppo, buttato. Oggigiorno, visto che abbiamo la scelta, è senz'altro meglio mettere in pentola un pezzo di carne sotto sale con altri 3 o 4 tagli di carne fresca.
Diego Bovard dell' AREV ci manda una scheda del prodotto dalla quale estrapoliamo quanto segue:

Valorizzazione del patrimonio gastronomico della Valle d'Aosta (istituzione dell’elenco dei prodotti agroalimentari tradizionali) Art. 8 del decreto legislativo 30 aprile 1998, n.173


Scheda identificativa

La metodica di lavorazione non è mai stata codificata in maniera definitiva ed accettata da tutti i produttori ma è stata tramandata oralmente tra le diverse generazione; se ne desume che il metodo descritto è una accettabile metodica di produzione che può subire modifiche in base alla tradizione tramandata di padre in figlio.

Descrizione delle metodiche di lavorazione, conservazione e stagionatura:
Si utilizzano tagli della spalla o del costato di vacca di razza valdostana, pecora o capra. La carne, preparata in pezzi regolari del peso di circa mezzo Kg, viene collocata in strati successivi dentro un mastello in legno o, in mancanza, in un contenitore in acciaio. Ogni strato viene cosparso di sale ed erbe aromatiche (salvia, alloro, aglio). Una volta riempito, il mastello viene tappato con un coperchio di legno; la pressione sul tappo è operata con pietre o altro idoneo materiale. Il contenuto viene fatto riposare in luogo fresco, al riparo dalla luce. La salamoia deve coprire tutto il prodotto in modo da conservarlo idoneamente. La carne può essere consumata sia cruda tagliata in fette sottili o cucinata in diversi modi.

8 commenti:

Elena Bruno ha detto...

Non so se sono più tentata dall'assaggio o dalla voglia di provare a cucinare un lesso così ricco di storia e cultura (nonché profumi di salvia e rosmarino).
Curiosità: si consuma così al naturale o accompagnato da salse?

Tar e Tifla ha detto...

Bella domanda :-) Le salse non sono nella tradizione valdostana e questa carne è davvero molto gustosa e non richiede altro se non il classico accompagnamento con tarifle (quele si molto presenti nella nostra tradizione).

Elena Bruno ha detto...

Scusate ... ma sono anche impreparata su tarifle :-P

Tar e Tifla ha detto...

Hai ragione, non lo abbiamo ancora spiegato. Le tartifle sono le patate e volevamo raccontarlo nel primo post ma tra les carnavals de montagne e Sant Orso è slittato e noi siamo convinti di averlo già spiegato. Domani rimedieremo :-)

Anna Righeblu ha detto...

Dal post e dalla scheda si riesce ad intuire quanto gustosa possa essere questa carne!
Il metodo di conservazione descritto è usato anche in altre regioni?

Ciao e a presto

Tar e Tifla ha detto...

Immagino che un po' in tutta l'Europa continentale si macellasse più o meno nello stesso periodo, quando i capi non avevano più possibilità di ingrassare e avrebbero cominciato a incidere sulle scorte invernali. Il periodo era agli inizi di Novembre (la Sammain dei celti). Magari si poteva tenere qualche capo per Dicembre ma non oltre. Immaggino che affumicatura, salatura ed essicazione fossero i mezzi più diffusi di conservazione ma non conosco le usanze di altre regioni.
Diego dovrebbe saperne di più ma in questo momento ha poco tempo libero. Non appena lo rivedo glielo chiedo.

marinella ha detto...

In tutti i paesi dell'est europeo conservavano carni e verdure sotto sale e affumicate, si trovano in giro anche delle carni salmistrate per bolliti, purtroppo però ormai le fanno con lavorazioni industriali e ci mettono anche il glutammato! sigh! baciotti

Jerry Vezzuso ha detto...

Thank yyou for sharing